Defibrillatore

L’importanza del defibrillatore in azienda

Uno strumento che si rivela sempre più indispensabile nei luoghi di lavoro come dotazione in azienda è¨ il defibrillatore.

L’attuale normativa sulla Sicurezza sui Luoghi di Lavoro (Legge 81/08) non prevede ancora la dotazione di defibrillatori da parte delle aziende.

Nel caso di un collega fosse colto improvvisamente da un arresto cardiaco. Senza un defibrillatore, l’unica cosa che resta da fare è¨ fare affidamento alla chiamata dei soccorsi tramite il 112, nella speranza di non dover aspettare troppo.

E’ proprio il tempo però che viene a mancare quando ci si trova davanti a un arresto cardiaco: i primi 5 minuti sono decisivi per salvare una persona.

Tuttavia anche la recente disposizione INAIL è diretta a favorire la presenza del defibrillatore sul posto di lavoro: è infatti prevista una riduzione del premio INAIL per le aziende che adottano il defibrillatore e provvedono alla formazione del personale al BLSD. “E’ un ottimo segnale di interessamento e di sostegno alle attività di diffusione di buone pratiche sulla rianimazione cardiopolmonare e sulla defibrillazione precoce nei luoghi di lavoro, che da anni sosteniamo con convinzione attraverso azioni mirate di sensibilizzazione rivolte ai datori di lavoro e alle figure addette alla sicurezza”, commenta Bruno Papaleo, del dipartimento di Medicina del lavoro dell’Inail e coordinatore di un gruppo di ricerca sulla diffusione della cultura del primo soccorso.

Perchè avere un defibrillatore in azienda ?

In Italia oltre 70 lavoratori a settimana sono colpiti da arresto cardiaco mentre si trovano sul luogo di lavoro

La prontezza ed efficacia dei primi soccorsi possono fare la differenza tra la vita e la morte, tra recupero rapido o prolungato, tra disabilità  temporanea o permanente.

I lavori fisici mettono a dura prova la resistenza del nostro corpo, incluso il cuore. Mansioni che comportano sforzi fisici troppo intensi possono infatti provocare complicanze cardiache estreme. Nei lavori sedentari lo stress, l’ansia, la stanchezza, l’eccessiva mole di lavoro possono col tempo portare a cardiopatie.

E’ emersa una chiara relazione tra cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa e alcune condizioni di lavoro, in particolare i lavori caratterizzati da scarsa attività  fisica, compiti ad alta richiesta psichica, ma con scarsa capacità  di controllo, e il lavoro a turni.

Assistere efficacemente un collega colpito da arresto cardiaco, facendo passare le probabilità  di sopravvivenza da meno del 5% a oltre il 50%.

Sempre più aziende stanno comprendendo l’importanza di dotarsi di un defibrillatore, e non mancano i casi di salvataggi grazie al defibrillatore acquistato dall’azienda.

Il posto di lavoro è il luogo in cui passiamo la maggior parte della nostra giornata. Se vogliamo sentirci cardioprotetti, E’ proprio qui che ci sarebbe più bisogno di un defibrillatore.

 

circolare

Circolare Gabrielli

La circolare del Capo della Polizia Franco Gabrielli emanata il 7 giugno 2017  sui dispositivi da attuare per la tutela della pubblica incolumità  e per lo svolgimento delle manifestazioni ha alzato l’attenzione sull’organizzazione di eventi.

Circolare Gabrielli 07062017

In sintesi riepiloghiamo il nuovo percorso delle valutazione delle condizioni di Safety e Security di una manifestazione.

Facendo salve le competenze specifiche previste dalla normativa di settore per le Commissioni Provinciali e Comunali di Vigilanza sui pubblici spettacoli, le competenze e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e del Centro Coordinamento soccorsi, affinché siano attuate pienamente le finalità  previste dalle direttive emanate dal Capo della Polizia.

Le indicazioni operative per salvaguardare gli aspetti della Safety prevedono la valutazione di condizioni di sicurezza circa:

  • La natura dell’evento e le modalità  di svolgimento;
  • La capienza delle aree e del massimo affollamento sostenibile
  • La pianificazione dei piani di emergenza e di evacuazione
  • La pianificazione dell’impiego delle forze umane per la gestione organizzativa dell’evento
  • La pianificazione dell’impiego dei soccorsi e dell’assistenza sanitaria
  • La pianificazione di tutti quei provvedimenti finalizzati alla somministrazione e vendita di bevande e alcolici
  • La pianificazione del sistema di impianti di diffusione sonora e/o visiva
  • La pianificazione di tutte quelle iniziative per la verifica della sussistenza dei requisiti previsti e per l’individuazione di eventuali vulnerabilità .

 La pianificazione di adeguate misure a salvaguardia della Security devono seguire i seguenti criteri:

  • Pianificazione di mirata attività  informativa
  • Pianificazione di sopralluoghi e verifiche, mappatura dei sistemi di video sorveglianza e delle sale operative
  • Pianificazione dell’attività  di prevenzione e controllo del territorio
  • Pianificazione dei servizi di vigilanza e osservazione nelle fasi si afflusso e deflusso del pubblico
  • Pianificazione di controllo e bonifica delle aree interessate, nonché di tutti i servizi mirati al prefiltraggio e controlli sulla persona e del transito di veicoli nelle zone di interesse.

Affinché il modello organizzativo trovi efficace attuazione, assume rilievo fondamentale tutta l’attività  preventiva per la valutazione dell’evento da parte di tutti gli organismi preposti al rilascio di autorizzazioni e nulla osta, nonché la presentazione del progetto corredato di tutta la documentazione necessaria alla realizzazione dell’evento.

 

 

 

 

 

 

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Operaio morì punto da vespa: a processo il datore di lavoro

Un imprenditore è a processo, a Ivrea, per la morte di un dipendente punto da una vespa e vittima di choc anafilattico. Il tragico episodio è avvenuto nel giugno di tre anni fa a Brozolo, dove Davide Zangara, 44 anni, era impegnato nella manutenzione di alcuni lampioni nel centro del paese quando fu punto dietro un orecchio. Choc anafilattico, recitava il referto medico, stilato subito dopo la constatazione del decesso .

L’operaio doveva effettuare alcuni lavori di manutenzione e riparazione agli impianti di illuminazione del Comune. Un lavoro di routine che, però, gli fu fatale.

Secondo l’accusa della procura di Ivrea, che ha ottenuto il rinvio a giudizio dell’ amministratore unico della ditta per la quale lavorava Zangara, per il quale ieri si è aperto il processo per omicidio colposo, l’operaio avrebbe dovuto essere protetto da un’attrezzatura idonea a evitare le punture di vespe, che secondo una consulenza depositata da un perito nominato dai pm, andava prevista nell’attività sui lampioni, inoltre i pm sostengono che la presenza di una collega al fianco di Zangara avrebbe potuto evitare il peggio.

Sempre il perito ha aggiunto che Zangara non aveva ricevuto una preparazione adeguata per affrontare quel tipo di situazioni, e poi l’area di lavoro dove essere monitorata prima e in caso di presenza di vespe bonificata.

C’è un altro particolare emerso ieri in udienza che per i pm doveva essere preso in considerazione dal datore di lavoro. L’operaio, che già un paio di settimane prima si era sentito male per una puntura di  vespa, aveva manifestato problemi respiratori e si era messa alla guida per trovare una farmacia, sospettando appunto una allergia, ma era morto a poche centinaia di metri di distanza nell’abitacolo del furgone.

 

La puntura di vespa rientra nel Rischio Biologico  cioè “qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni”. Nei luoghi di lavoro il rischio biologico non sempre è ben conosciuta, e di conseguenza, correttamente prevenuta, in alcuni casi viene sottovalutato, in altri sovrastimato.

Per quanto concerne la prevenzione, un aspetto fondamentale è quello dell’attenzione alla formazione del personale potenzialmente esposto, che deve essere messo sempre a conoscenza sia delle potenziali sorgenti di infezioni (dirette o veicolate che siano) che dei possibili rischi da esposizione; una buona profilassi può tenere conto della somministrazione di opportuni vaccini, così come dell’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione collettiva e individuale.

Per le aziende a rischio biologico è inoltre obbligatoria la sorveglianza sanitaria, che comprenda l’effettuazione di monitoraggi biologici periodici, definiti dal Medico Competente e dal datore di Lavoro, sulla base degli scenari di esposizione specifici, i cui risultati devono essere comunicati al lavoratore esposto.

riunione

La Sicurezza sul lavoro elemento di business

Performance di sicurezza considerate come elemento essenziale di business .

E’ la filosofia che ha portato la Getrag, azienda del gruppo tedesco Magna Powertrain (www.magna.com), tra i principali produttori mondiali di trasmissioni motoristiche per il mercato automobilistico, in prima linea nel tema della salute e la sicurezza dei propri dipendenti attraverso la partecipazione collettiva e il lavoro di squadra.

I rischi sul lavoro sono diseconomie che riguardano il personale, che è un fattore strategico nella produzione, ma che si ripercuotono su tutta la società. “E’ così che è stato fissato l’obiettivo di ‘zero infortuni’ – raccontano alla Getrag – e anche deciso di diffondere e condividere la strategia di ‘tolleranza zero verso comportamenti e condizioni non sicure’, incoraggiando tutta la popolazione aziendale ad avere attenzione continua alla salute e alla sicurezza, in ogni momento del proprio lavoro”.

La sicurezza messa al centro dell’impegno della società ha comportato modifiche precise: la società ha ripensato il proprio sistema ‘’trasformandolo da qualcosa di cui si occupano gli addetti ai lavori, in qualcosa che riguarda tutti, che viene misurato quotidianamente, e diviene quindi elemento sempre presente in quello che si fa e nei risultati che si ottengono’’. Nella pratica, questo si traduce in osservazioni continue di comportamenti e condizioni da migliorare.

Per dare modo operativamente al sistema di funzionare, utilizzando i dati raccolti, lo stabilimento ha avviato da diversi anni, e continua tuttora a mantenere, una serie di strumenti, tra cui una pratica quotidiana che consiste in un meeting di 15 minuti, tenuto ogni mattina, nel quale a rotazione i vari i rappresentanti di ogni reparto, riesaminano i risultati  e condividono le azioni necessarie da intraprendere e  si assumono le responsabilità per risolvere e prevenire problemi.

I dati Getrag dicono che il sistema funziona: il focus continuo del meeting, alimentato da osservazioni giornaliere eseguite da tutti in azienda, dai manager agli operatori, ha consentito di ridurre drasticamente il numero di infortuni, di eliminare tantissime condizioni pericolose, di educare a comportamenti virtuosi, e di comprendere che lavorare per migliorare la sicurezza consente di migliorare allo stesso tempo qualità e produttività.

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Rapporto Annuale Inail 2016

Rapporto Annuale Inail 2016: leggera diminuzione delle le morti bianche, aumentano le malattie professionali.

Sul posto di lavoro si muore meno che nel 2015, ma ci ammala di più.

A certificarlo è l’Inail, con la relazione annuale 2016 contenente le indicazioni relative all’andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in Italia, i dati di bilancio dell’Istituto e i risultati più rilevanti conseguiti sul fronte degli investimenti e delle politiche in materia di cura, riabilitazione e reinserimento e delle attività e dei piani di ricerca.

In totale le denunce per infortunio arrivate all’Istituto che assicura i lavoratori, sono state poco meno di 642mila, con un aumento leggero sul 2015 (lo 0,66%) e una significativa discesa (meno 14%) rispetto al 2012. Certo parliamo di infortuni denunciati da soggetti assicurati all’ente. Chi lavora al nero in queste tabelle non è detto che ci sia.

Le denunce per morti bianche sono state 1.104, in discesa sul 2015 che ne ha contate 1.286 (-12,7%) e anche rispetto al 2012 quando morirono sul luogo di lavoro o mentre lo raggiungevano 1.365 (-25%) occupati.

“Sebbene si tratti di una crescita di per sé apparentemente modesta, quasi marginale rispetto all’entità del fenomeno, quello che preoccupa – spiega Bettoni Presidente nazionale ANMIL – è che nella serie storica contrassegnata da saldi annuali negativi da circa 25 anni,  compare per la prima volta il segno ‘+’ ”.

In questi ultimi decenni il fenomeno infortunistico aveva mostrato una costante tendenza alla diminuzione che era iniziata già nei primi anni ’90, quando si contavano circa 1,2 milioni di infortuni e quasi 2.500 morti sul lavoro l’anno. Da allora, ogni anno, ci sono stati sempre meno infortuni e meno morti sul lavoro. Questa tendenza virtuosa si è poi ulteriormente e particolarmente accentuata a partire dal 2008 per protrarsi, con ritmi molto intensi, fino a qualche anno fa. Sono gli anni in cui il Paese ha attraversato una profonda crisi economica e al favorevole trend infortunistico già in atto si è sommato il calo della produzione e del monte-lavoro (sia in termini di occupati che di ore lavorate) che ha comportato una parallela contrazione dell’esposizione al rischio e quindi degli infortuni stessi.

Un balzo significativo lo fanno invece le malattie professionali , con ben 60mila denunce, 1.300 in più rispetto all’anno precedente, ma ben il 30% in più sul 2012. Un dato allarmante anche perché la maggior parte di chi si ammala lavorando viene colpito da malattie che riguardano il sistema osteomuscolare, ossa e muscoli. Una diagnosi che forse riflette anche l’età elevata della forza lavoro italiana.

Un dato 60mila, che si riferisce alle denunce, non agli ammalati, che sono 45mila, almeno quelli già  accertati. E c’e ancora chi si ammala a causa dell’amianto, polvere micidiale che colpisce i polmoni tant’è che nel 2016 si contano 1.400 persone colpite da queste patologie. Scende anche il numero di lavoratori con malattia professionale morti nel 2016: sono stati 1.297, il 32,2% in meno sul 2012.  E a uccidere per ben 357 volte é stato ancora l’amianto.

 

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Grandi concerti in sicurezza

Vasco Rossi, Modena 1 Luglio 2017,  il concerto.

Il rocker emiliano festeggerà i suoi primi quarant’anni da musicista al Parco Ferrari di Modena, sarà un evento unico, si stima la presenza di almeno 220 mila persone, circostanza che lo renderebbe il concerto a pagamento con maggiore presenza di pubblico di sempre.

Un piano sicurezza senza precedenti. Ma le misure straordinarie non saranno solo per Vasco e saranno seguite anche per gli altri grandi eventi estivi.

Il ‘Modena Park’ di Vasco Rossi, che sabato primo luglio richiamerà 220 mila persone nella città emiliana (da 190 mila abitanti) porta in dote numeri impressionanti da questo punto di vista, anche alla luce del recente attentato a Manchester e del panico che si è scatenato in piazza San Carlo a Torino.

Il piano predisposto da Prefettura e Questura vede la presenza di misure fisiche e di chiusure al traffico da parte della Polizia municipale, anche con l’installazione di new-jersey in cemento. Controlli serrati anche nelle aree di pre-filtraggio con metal-detector e la presenza oltre alle forze dell’ordine di steward dedicati, messi a disposizione degli organizzatori, come indicato dalle disposizioni del Viminale e del Capo della Polizia Gabrielli. Si cercherà di prevenire tutto il prevedibile in momenti dove il terrorismo o la paura che un stupido gesto può generare, come è accaduto a Torino, possano avere drammatiche conseguenze per i cittadini.

I mezzi saranno tenuti a debita distanza e i fan accederanno solo col biglietto a una prima area, dove poi saranno sottoposti a controlli con perquisizioni e l’utilizzo di strumentazione elettronica per scongiurare l’ingresso con oggetti vietati (vedi link http://backendcdn.vivaticket.it/wms_images/vasco/Regolamento_Modena_Park.pdf  ).

Prevista la presenza di almeno 1.200 addetti alla sicurezza (si parla di 600 della Protezione Civile) nel giorno del concerto, mentre già dalle settimane precedenti saranno in tutto 5.500 con turnazione. Massiccia la presenza delle forze dell’ordine, anche se numeri ufficiali non sono stati per il momento diffusi.

Il ‘Modena Park’ prevede l’installazione di 55 telecamere a riconoscimento facciale, attive già a un chilometro dalla zona del palco, 24 ore al giorno e con copertura a 360 gradi. Le prove generali della macchina sicurezza saranno il venerdì sera con il sound check aperto ad almeno 15 mila persone.

Il Modena Park prevede un maxi piano di evacuazione dell’area, che a quanto pare è stato ‘tarato’ sulle 300 mila persone e non sulle 220 mila previste. In caso di eventi avversi gli accessi alla zona palco saranno notevolmente ampliati per permettere agli spettatori di allontanarsi. Le zone off limits saranno, infine, protette da specifiche barriere jersey.

Emergenze sanitarie. Le scorte di sangue per trasfusioni, che il policlinico di Modena ha chiesto all’Avis di aumentare in vista di possibili emergenze sanitarie. Reso attivo il nuovo piano emergenze all’ospedale di Baggiovara, per essere pronti a fronteggiare un alto numero di ricoveri. Per l’allerta terrorismo o per malori dovuti al caldo o qualsiasi altro infortunio che può capitare in una calca da centinaia di migliaia di persone.

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Incidenti in itinere: incubo A4

Negli ultimi due mesi le Autovie ha contato 114 incidenti sulla sua rete, di cui 90 in A4, lì dove sono aperti i cantieri per l’aggiunta di una corsia. La media è di un paio di incidenti al giorno. L’unica buona notizia è che in questi quasi due mesi non ci sono state vittime.

Ma l’incubo è quotidiano. I camion si toccano, si fermano, bloccano la carreggiata, si creano code chilometriche e Autovie è costretta a chiudere alcune tratte, deviando il traffico sulla viabilità alternativa. Negli ultimi giorni non c’è stata pace.

Dove avvengono i sinistri. La maggior parte non in zona cantieri (solo 9 su 90 nei tratti interessati dai lavori per la terza corsia, tra Latisana e San Giorgio di Nogaro in direzione sia Venezia che Trieste), ma con i cantieri che inevitabilmente rallentano le operazioni di soccorso.

Le responsabilità? Statisticamente la stragrande maggioranza degli incidenti è provocato dai camionisti. Categoria che Castagna peraltro non colpevolizza, tanto meno quelli italiani: «Nessun intento di criminalizzare la categoria degli autotrasportatori. Anzi, siamo ben consapevoli dei problemi che si trovano ad affrontare con la concorrenza agguerrita e sleale dei vettori stranieri: la maggior parte degli incidenti vedono coinvolti mezzi pesanti che arrivano dall’estero. Si tratta quasi sempre di tamponamenti, incidenti causati dalla distrazione e dal non rispetto delle distanze di sicurezza» Tra le spiegazioni, oltre al mancato rispetto del codice della strada (Autovie evidenzia l’uso improprio di smartphone e tablet), in un’autostrada certamente sottodimensionata c’è anche quella più logica, l’incremento del traffico: i mezzi pesanti sono aumentati di 500mila unità nel 2016 rispetto il 2015 e di quasi 300mila nei primi cinque mesi di quest’anno.

«Le prime cose da fare sono intensificare ancora di più i controlli della Polstrada, aumentare il numero di autovelox sulla rete, potenziare la segnaletica stradale – spiega Castagna –. E poi rafforzeremo la comunicazione agli ingressi delle autostrade» In agenda c’è anche l’idea safety car. Un’auto pronta a guidare il traffico al formarsi delle code: «In caso di bisogno ci sarà pure quella». Di certo, assicura il presidente di Autovie, non si pongono problemi di risorse: «Una simile emergenza richiede di mettere in campo quanto necessario, e noi lo faremo. Non ci preoccupiamo dei costi, quanto di trovare le soluzioni più efficaci. »

Assicurazioni, i risarcimenti sono possibili. Chi risarcisce l’automobilista che rimane intrappolato nell’inferno della A4, pur senza che la sua vettura risulti danneggiata dall’incidente? Le assicurazioni. La procedura è piuttosto complessa, ma è opportuno innanzitutto procurarsi le prove della penalizzazione subita. «Il risarcimento è dovuto – spiega il presidente di Autovie Venete Maurizio Castagna –, ma è necessario motivare la richiesta alle compagnie assicurative con una opportuna documentazione che attesti il danno arrecato dall’incidente e dalla conseguente perdita di tempo per arrivare a destinazione in tempo utile». Con le assicurazioni tratta ripetutamente anche la concessionaria. «Ci muoviamo per ogni incidente provocato dai conducenti – fa sapere Castagna –. Le cose sono quasi sempre molto chiare e difficilmente su questo versante abbiamo dei contenziosi».

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Niente eventi pubblici senza sicurezza.

Nuove regole di safety e security arrivano dopo gli eventi di Manchester e Torino, le disposizioni volute dal ministro dell’Interno Marco Minniti e contenute nella circolare del capo della polizia Franco Gabrielli. In caso di mancata applicazione, scatta l’annullamento della manifestazione, che sia essa un concerto, un appuntamento sportivo o un evento di brand per il pubblico.

La circolare di Gabrielli distingue gli aspetti di safety da quelli di security, individua i soggetti chiamati a gestirli e stabilisce obblighi precisi nei confronti dei privati, cioè gli organizzatori degli eventi.

Il compito di garantire la safety, intesa come l’incolumità delle persone, ricade su comune, vigili del fuoco, polizia municipale, servizi di soccorso, prefetture e anche sugli organizzatori, mentre la security è di esclusiva competenza della questura, cioè dei servizi d’ordine e di pubblica sicurezza.

Agli organizzatori degli eventi l’obbligo quindi di implementare una serie di misure di sicurezza dentro e fuori la location. La circolare indica infatti che anche per gli eventi all’aperto o di piazza devono essere attivati varchi contapersone per la valutazione del massimo affollamento sostenibile, raggiunto il quale l’accesso deve venire bloccato.

Gli organizzatori devono inoltre predisporre percorsi separati per l’accesso e il deflusso delle persone e destinare personale specificatamente formato ad accoglienza, instradamento e regolamentazione dei flussi, nonché all’assistenza del pubblico anche in caso di evacuazione.

Le location, che si tratti di piazze, stadi o qualunque altro tipo di spazio, devono prevedere aree dove collocare i presidi sanitari ed essere suddivise in settori, con corridoi centrali e perimetrali all’interno per le emergenze e gli interventi di soccorso. Per gli organizzatori anche l’obbligo di allestire un sistema di altoparlanti o di maxischermi da utilizzare in caso di necessità per indicare al pubblico le vie di deflusso o i comportamenti da tenere in caso di criticità. Indispensabile che gli organizzatori predispongano inoltre piani di emergenza e di evacuazione, con esatta indicazione delle vie di fuga, e spazi di soccorso raggiungibili dai mezzi di assistenza e loro riservati.

Infine, massimo controllo su alcolici e bevande in bottiglie di vetro e lattine, considerate potenziale pericolo per la pubblica incolumità: il capo della polizia Gabrielli invita infatti a valutare provvedimenti per vietarne vendita e somministrazione.

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In bici al lavoro? Si può fare!

Morti e feriti sono all’ordine del giorno tra chi pedala sulle nostre strade: nel 2015 l’Istat ha stimato che almeno 45 al giorno siano coinvolti in incidenti e i morti in sella a una bici sono stati 252, uno ogni 35 ore.

Siamo un paese “nemico” della bicicletta e chi pedala per lavoro (come i professionisti) o per andare al lavoro (come i ciclisti urbani) continua a farlo a rischio e pericolo quotidiano schivando buche o incroci mal segnalati, pedalando nel traffico dei motori o su piste ciclabili al limite della praticabilità.

Riconoscimento Inail dell’uso come mezzo necessitato per andare al lavoro

Con l’entrata in vigore  della legge n. 221/2015, ha introdotto il principio secondo cui l’uso del velocipede, alla luce dei positivi riflessi sull’ambiente, deve intendersi sempre «necessitato» e quindi equiparato al percorso effettuato a piedi o con i mezzi pubblici.

Restano vigenti le regole generali legate all’infortunio in itinere di cui all’articolo 12 del D.Lgs n. 38/2000, in base al quale l’assicurazione infortunistica opera solo nel caso in cui l’incidente del lavoratore avvenga durante il normale percorso d’andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.

 

L’urgenza di una legge “salvaciclisti”

La sicurezza dei ciclisti è un tema che fino a oggi la politica non è riuscita ad affrontare compiutamente, spesso con annunci cui non sono seguiti fatti concreti.

il sottosegretario ai Trasporti Riccardo Nencini, ha ribadito la necessità e l’urgenza di una legge per tutelare i ciclisti: “Dobbiamo ancora stabilire qual è l’attaccapanni normativo, se il Codice della Strada che riprende il suo percorso a giorno al Senato oppure un decreto del Mit. Rimane l’urgenza dell’oggetto perché l’utenza debole di cui fanno parte i ciclisti, motociclisti e pedoni ha un numero di morti decisamente troppo alto. Il 50 per cento della mortalità stradale è fatta da utenza debole”.

Il disegno di legge n. 2658 “SALVAICICLISTI” con “modifiche all’articolo 148 del Codice della Strada in materia di tutela della sicurezza dei ciclisti” per introdurre l’obbligo di sorpasso ad almeno 1,5 metri di distanza laterale dal ciclista aggiungendo al testo l’articolo 3-bis: “È vietato il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore a un metro e mezzo”.

 

LA SICUREZZA IN BICICLETTA può essere riassunta con tre semplici regole: siate visibili, siate prevedibili e soprattutto rispettate il codice della strada.

A meno che non ci siano piste ciclabili o percorsi dedicati, il modo più sicuro di andare in bicicletta nel traffico veicolare è quello di viaggiare insieme con le auto. Non salite e scendete di continuo dai marciapiedi non andate contro mano. Questo può non sembrare così intuitivo, ma ha a che fare con l’essere prevedibile. Viaggiare a velocità costante, senza zigzagare tra le auto e senza fare improvvise deviazioni offre la migliore protezione per una bicicletta. Ponete un’attenzione particolare alle auto in sosta, gli automobilisti distratti tendono ad aprire gli sportelli senza guardare.

Rimanere visibile è certamente il fattore più importante, accertatevi quindi di avere le luci anteriori e posteriori funzionanti. Se non ne avete potrete acquistarne di tipo a batteria in qualsiasi negozio di biciclette o anche al supermercato o sulle bancarelle per pochi euro.

Altro consiglio è quello di indossare anche di giorno il gilet ad alta visibilità di quelli previsti dal Codice della Strada per le auto.

Amianto

L’amianto sui luoghi di lavoro

L’amianto è una sostanza chimica fibrosa utilizzata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture. Le caratteristiche fisiche rendevano questa sostanza duttile e molto utilizzata per le sue proprietà di isolamento termico, acustico ed antincendio; la presenza dell’amianto era molto diffusa nelle coperture edili, negli isolanti termici o nei presidi antincendio.

Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre, che deteriorandosi si disperdono nell’aria e possono provocare, se inalate, alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare anche gravi ed a distanza di molto tempo dall’esposizione..

Una volta riconosciute le sue caratteristiche di pericolosità si è provveduto, con la legge 257 del 27 Marzo 1992, a vietarne l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione.
Di fatto tuttavia la sola presenza di amianto in se non rappresenta una fonte di pericolo, poiché la nocività è legata allo sfaldamento dei materiali dovuto a deterioramento per assenza di manutenzione o danneggiamento; contrariamente a quanto generalmente si creda, la legge del 1992 ha imposto il divieto di fabbricare nuovi prodotti in amianto, ma non sussiste nessun obbligo di rimozione dei prodotti preesistenti, sebbene la presenza dei materiali contenenti amianto debba essere censita e segnalata alle autorità competenti (ASL), in modo che se ne possa verificare l’integrità e di conseguenza la salubrità degli ambienti circostanti.

La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi .
A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.

Una volta definito il grado di integrità e la relazione tra gli indici misurati ed i corrispondenti valori limite soglia, il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico Competente, elabora un opportuno piano di campionamento e di sorveglianza sanitaria, per monitorare nel tempo i livelli di amianto presenti. I risultati periodici dei campionamenti devono essere quindi riportati nel Documento di Valutazione dei Rischi, e se si registra un incremento significativo e costante dei livelli nel tempo, segnalati alla ASL di competenza, anche se si resta al di sotto dei valori limite soglia.

È importante ricordare che lo smaltimento dell’amianto deve e può essere eseguito soltanto da personale qualificato e da imprese autorizzate che abbiano requisiti e strumenti per la rimozione in sicurezza; la rimozione sconsiderata dell’asbesto, seguita all’entrata in vigore del D.Lgs 257/92, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi in passato generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.

Video dei Papu sul rischio amianto