Legionella_

LEGIONELLA

LEGIONELLA

Con i mesi più caldi la legionella torna a far parlare di sé anche in Italia. Una buona manutenzione degli impianti idrici è cruciale per prevenirne la comparsa e proliferazione.

 

CRONACA

A cadenza più o meno regolare in Italia si sente parlare di epidemie di legionellosi, una malattia infettiva causata dal batterio legionella che colpisce l’apparato respiratorio.

L’ultimo evento salito alla ribalta delle cronache è avvenuto in provincia di Pordenone. Precedentemente nel comune di Bresso, Milano, la malattia ha contagiato circa 50 persone. Tre, tutti anziani e con sistema immunitario già indebolito, sono decedute.

Nel 2016 un’emergenza simile era scoppiata a Parma, nel quartiere di Montebello, dove erano state contagiate oltre 40 persone. Ogni volta vengono attivate speciali task force per indagare l’origine dell’epidemia e diramate le linee guida per proteggersi ed evitare il contagio. Si tratta di una malattia “sfuggente” e particolare, come l’evento che l’ha fatta conoscere al mondo intero.

 

LA SCOPERTA

La legionella è uno degli agenti eziologici della polmonite batterica e prende il nome proprio da una inaspettata epidemia di polmonite, che si verificò nel 1976 a Philadelphia. L’epidemia colpì i partecipanti a una riunione di veterani della Legione Americana, i legionnaires, da cui deriva il nome della malattia legionellosi o malattia del legionario. Ben 221 ex militari si ammalarono e 34 di essi morirono.

In seguito alle indagini si scoprì la causa dell’epidemia: un batterio, denominato legionella, isolato nel vetusto impianto di condizionamento dell’albergo Bellevue Stratford Hotel, dove si stava svolgendo la riunione.

Il batterio si annida nell’acqua e si trasmette attraverso l’acqua nebulizzata, per inalazione. Il batterio penetra attraverso le mucose delle vie respiratorie e raggiunge i polmoni. La legionellosi si manifesta dopo un’incubazione di 2-10 giorni con disturbi simili all’influenza, seguiti dalla comparsa di una polmonite spesso grave. Sintomi comuni sono mialgia e cefalea a cui seguono febbre alta, tosse stizzosa, respiro affannoso.

È molto difficile distinguere la legionellosi dalle altre polmoniti ed è per questo che l’unico modo per individuarla in un paziente è eseguire uno specifico test di laboratorio.

 

LA LEGIONELLA IN ITALIA

Nel 2017 in Italia sono stati registrati circa 1 700 casi di polmonite da legionella, che rappresentano una porzione compresa tra il 4 e il 6% della totalità dei casi di polmonite nel nostro paese, tuttavia è possibile che alcuni casi non rientrino in queste cifre, poiché non vengono diagnosticati e le persone guariscono grazie ai trattamenti antibiotici di una polmonite classica.

Come gran parte delle polmoniti batteriche, la legionella causa il decesso del paziente in circa il 10% del casi. Si tratta però di un dato che cambia a seconda del contesto e delle condizioni di base delle persone che ne vengono colpite. Infatti, chiarisce è una patologia che colpisce i soggetti immunodepressi per l’età avanzata e la presenza di patologie croniche come diabete, tumori, malattie polmonari e/o cardiache.

La percentuale di decessi sale al 30-40% se consideriamo i dati sulla polmonite da legionella contratta negli ambienti ospedalieri. Si tratta di un germe “opportunista” che attacca i pazienti che versano già in condizioni di deficit del sistema immunitario.

 

MISURE DI PREVENZIONE E CONTROLLO NEI SISTEMI IMPIANTISTICI

I sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria e i loro componenti, così come pure l’acqua potabile e le attrezzature sanitarie, possono favorire e amplificare la diffusione di sostanze aerodisperse; tra queste di particolare pericolosità risulta essere Legionella sp.

I più comuni impianti generatori di aerosol associati ad edifici comprendono torri di raffreddamento, condensatori evaporativi, diffusori di docce, aeratori di rubinetti, vasche per idromassaggio, nebulizzatori ed umidificatori.

I primi casi di legionellosi sono stati in prevalenza attribuiti a sostanze aerodisperse contenenti batteri provenienti da torri di raffreddamento o condensatori evaporativi o sezioni di umidificazione delle unità di trattamento dell’aria. Diversamente le infezioni sono risultate causate anche dalla contaminazione delle reti di distribuzione dell’acqua, apparecchi sanitari, attrezzature per l’ossigenoterapia, fontane e umidificatori ultrasonici.

L’aumento moderato della temperatura dell’acqua, rispetto a quella naturale, rappresenta uno dei principali fattori che favoriscono la crescita del batterio e la contaminazione ambientale. Altri fattori sono: il pH, la presenza di fonti di nutrimento, la presenza di altre forme di microrganismi.

La sopravvivenza della legionella è legata anche a fattori ambientali: l’aria sufficientemente umida (umidità relativa superiore al 65%), la temperatura non eccessivamente alta, e la radiazione solare non molto elevata.

Le procedure che contrastano la moltiplicazione e la diffusione di Legionella devono essere attentamente considerate e messe in atto durante le fasi di progettazione, di installazione, di funzionamento e di manutenzione. Per quanto tali misure non garantiscano che un sistema o un componente siano privi di legionelle, esse contribuiscono a diminuire la possibilità di inquinamento batterico grave.

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THYSSENKRUPP

L’inferno si scatena nel dicembre di dieci anni fa. Un tubo di olio che si rompe, una scintilla e la linea 5 della Thyssenkrupp di Torino che si trasforma in un fiume di fuoco. Un operaio muore sul colpo, altri sei perderanno la vita nei giorni seguenti.
Uno dopo l’altro, mentre le polemiche sulla sicurezza si mescolano alla rabbia e al dolore dei famigliari delle vittime di una delle più sconcertanti tragedie sul lavoro degli ultimi tempi.

Accade nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007. Prima qualche innocua fiammella, poi un incendio, un’esplosione, un’ondata di fuoco, operai trasformati in torce umane. Antonio Schiavone muore quasi subito. Agli altri – Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi – toccano giorni, o settimane, di straziante agonia.

Per Torino, uno dei vertici del triangolo industriale del Nord Ovest, è come un pugno allo stomaco. Impossibile concepire un incidente tanto grave in una delle sue fabbriche più conosciute, quella della famosa acciaieria tedesca. Sono giornate di lutto, di dolore, di una rabbia che si scatena già ai funerali, quando i dirigenti vengono insultati all’ingresso della Chiesa, i fiori delle corone strappati e buttati per terra.

Il sindaco, che all’epoca era Sergio Chiamparino, annulla i festeggiamenti in piazza per il Capodanno. E la commozione è grande anche nel resto del Paese. “L’anno finisce davvero male”, commenta l’allora presidente del Consiglio, Romano Prodi, a Torino per i funerali di uno degli operai morti in quella che definisce la “tragedia sul lavoro più grave degli ultimi anni“.

La sicurezza è un bene di tutti, non individuale“, aggiunge annunciando una stretta sulle norme.

Il governo accelera il varo del Testo Unico delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, che vede la luce nell’aprile 2008. Il regista Mimmo Calopresti dedica alla vicenda un film, ‘La Fabbrica dei Tedeschi’. Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto all’incidente, viene candidato alla Camera dall’allora segretario del Pd Walter Veltroni; siede da allora in Parlamento ed è nella Commissione Lavoro della Camera.

L’inchiesta coordinata dal pm Raffaele Guariniello e dagli altri magistrati del suo pool, Francesca Traverso e Laura Longo, viene condotta a tempo record. Nel gennaio 2009 si apre il processo in Corte d’Assise, prima tappa di un complesso iter giudiziario, nel quale non sono mancati i colpi di scena, che si conclude nel maggio 2016, quando la Cassazione conferma le condanne nei confronti dei sei imputati, tra cui l’ad Harald Espenhahn, a pene tra i 9 anni e 8 mesi e i 6 anni e 3 mesi.

E restituisce un po’ di giustizia ai famigliari delle vittime, risarcite con 13 milioni di euro: mamme, vedove e sorelle non hanno mancato una sola udienza. Mai. “Thyssenkrupp è profondamente addolorata che in uno dei suoi stabilimenti si sia verificato un incidente così tragico. Faremo il possibile affinché tale disgrazia non accada mai più”, è il commento alla sentenza definitiva dell’azienda. Per gli imputati italiani si aprono le porte del carcere; Espenhahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz, invece, sono ancora liberi in Germania. Nelle scorse settimane il ministro, Andrea Orlando, ha chiesto che la sentenza venga recepita e eseguita. Per rispondere dopo dieci anni alla richiesta di giustizia dei famigliari delle vittime.

 

Video: L’accusa ha presentato al processo Thyssen un video realizzato da esperti in cui si ricostruisce l’incidente e il successivo incendio alla Thyssen di Torino

SCUOLA_MIUR

Giornata Nazionale della Sicurezza nelle Scuole

La ricorrenza è stata istituita dalla legge Buona Scuola in ricordo del tragico incidente avvenuto il 22 novembre del 2008 al liceo “Darwin” di Rivoli, comune della prima cintura torinese, quando lo studente diciassettenne, Vito Scafidi, perse la vita a causa del crollo di un soffitto di un’aula.

Il 22 novembre 2008 al liceo “Darwin” di Rivoli lo studente 17enne Vito Scafidi morì ucciso dal crollo del controsoffitto dell’aula in cui stava facendo lezione, vittima innocente della sciagurata incuria altrui. Da oggi e fino al 23 novembre si celebra la “Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole” per diffondere consapevolezze e cultura della sicurezza e la prevenzione dei rischi
Si terrà oggi a Roma la presentazione della Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita dal Ministero dell’Istruzione, per ricordare tutte le vittime degli incidenti avvenuti nelle scuole italiane. In questa data il Ministero organizza, insieme alle scuole nei giorni  22 e 23 novembre, una serie di eventi finalizzati alla diffusione della cultura della sicurezza e alla gestione e prevenzione dei rischi.

Per l’occasione la Ministra Fedeli firmerà il decreto di autorizzazione e di destinazione di risorse da destinare ai Comuni per l’adeguamento sismico degli edifici scolastici e siglerà, insieme al Vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti, Dario Scannapieco, e ad Antonella Baldino, chief business officer di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), il Protocollo di intesa per l’avvio della programmazione #MutuiBei 2018-2020

Oggi verranno inoltre presentati i progetti promossi dall’Inail e da altri enti in materia di sicurezza e di edilizia scolastica. L’Inail, in particolare, distribuirà ai partecipanti un articolato dossier, disponibile anche online, che in 24 pagine riassume le numerose iniziative promosse in ambito scolastico: dal protocollo d’intesa sottoscritto con il Miur nel novembre 2015, per la promozione di sinergie e la diffusione della cultura della prevenzione tra studenti e personale, ai migliori progetti sviluppati in ambito regionale, nazionale ed europeo, dal contributo offerto sul fronte dell’alternanza scuola-lavoro al piano di investimenti per la costruzione di scuole innovative e la messa in sicurezza di quelle esistenti, dai numeri sull’andamento degli infortuni alle pubblicazioni curate dagli esperti dell’Inail sul tema della formazione e della mappatura dei rischi.

 

“Sicurezza rap” Video dell’Istituto Comprensivo “G. B. Della Torre” Chiavari (GE)

Defibrillatore

L’importanza del defibrillatore in azienda

Uno strumento che si rivela sempre più indispensabile nei luoghi di lavoro come dotazione in azienda è¨ il defibrillatore.

L’attuale normativa sulla Sicurezza sui Luoghi di Lavoro (Legge 81/08) non prevede ancora la dotazione di defibrillatori da parte delle aziende.

Nel caso di un collega fosse colto improvvisamente da un arresto cardiaco. Senza un defibrillatore, l’unica cosa che resta da fare è¨ fare affidamento alla chiamata dei soccorsi tramite il 112, nella speranza di non dover aspettare troppo.

E’ proprio il tempo però che viene a mancare quando ci si trova davanti a un arresto cardiaco: i primi 5 minuti sono decisivi per salvare una persona.

Tuttavia anche la recente disposizione INAIL è diretta a favorire la presenza del defibrillatore sul posto di lavoro: è infatti prevista una riduzione del premio INAIL per le aziende che adottano il defibrillatore e provvedono alla formazione del personale al BLSD. “E’ un ottimo segnale di interessamento e di sostegno alle attività di diffusione di buone pratiche sulla rianimazione cardiopolmonare e sulla defibrillazione precoce nei luoghi di lavoro, che da anni sosteniamo con convinzione attraverso azioni mirate di sensibilizzazione rivolte ai datori di lavoro e alle figure addette alla sicurezza”, commenta Bruno Papaleo, del dipartimento di Medicina del lavoro dell’Inail e coordinatore di un gruppo di ricerca sulla diffusione della cultura del primo soccorso.

Perchè avere un defibrillatore in azienda ?

In Italia oltre 70 lavoratori a settimana sono colpiti da arresto cardiaco mentre si trovano sul luogo di lavoro

La prontezza ed efficacia dei primi soccorsi possono fare la differenza tra la vita e la morte, tra recupero rapido o prolungato, tra disabilità  temporanea o permanente.

I lavori fisici mettono a dura prova la resistenza del nostro corpo, incluso il cuore. Mansioni che comportano sforzi fisici troppo intensi possono infatti provocare complicanze cardiache estreme. Nei lavori sedentari lo stress, l’ansia, la stanchezza, l’eccessiva mole di lavoro possono col tempo portare a cardiopatie.

E’ emersa una chiara relazione tra cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa e alcune condizioni di lavoro, in particolare i lavori caratterizzati da scarsa attività  fisica, compiti ad alta richiesta psichica, ma con scarsa capacità  di controllo, e il lavoro a turni.

Assistere efficacemente un collega colpito da arresto cardiaco, facendo passare le probabilità  di sopravvivenza da meno del 5% a oltre il 50%.

Sempre più aziende stanno comprendendo l’importanza di dotarsi di un defibrillatore, e non mancano i casi di salvataggi grazie al defibrillatore acquistato dall’azienda.

Il posto di lavoro è il luogo in cui passiamo la maggior parte della nostra giornata. Se vogliamo sentirci cardioprotetti, E’ proprio qui che ci sarebbe più bisogno di un defibrillatore.

 

riunione

La Sicurezza sul lavoro elemento di business

Performance di sicurezza considerate come elemento essenziale di business .

E’ la filosofia che ha portato la Getrag, azienda del gruppo tedesco Magna Powertrain (www.magna.com), tra i principali produttori mondiali di trasmissioni motoristiche per il mercato automobilistico, in prima linea nel tema della salute e la sicurezza dei propri dipendenti attraverso la partecipazione collettiva e il lavoro di squadra.

I rischi sul lavoro sono diseconomie che riguardano il personale, che è un fattore strategico nella produzione, ma che si ripercuotono su tutta la società. “E’ così che è stato fissato l’obiettivo di ‘zero infortuni’ – raccontano alla Getrag – e anche deciso di diffondere e condividere la strategia di ‘tolleranza zero verso comportamenti e condizioni non sicure’, incoraggiando tutta la popolazione aziendale ad avere attenzione continua alla salute e alla sicurezza, in ogni momento del proprio lavoro”.

La sicurezza messa al centro dell’impegno della società ha comportato modifiche precise: la società ha ripensato il proprio sistema ‘’trasformandolo da qualcosa di cui si occupano gli addetti ai lavori, in qualcosa che riguarda tutti, che viene misurato quotidianamente, e diviene quindi elemento sempre presente in quello che si fa e nei risultati che si ottengono’’. Nella pratica, questo si traduce in osservazioni continue di comportamenti e condizioni da migliorare.

Per dare modo operativamente al sistema di funzionare, utilizzando i dati raccolti, lo stabilimento ha avviato da diversi anni, e continua tuttora a mantenere, una serie di strumenti, tra cui una pratica quotidiana che consiste in un meeting di 15 minuti, tenuto ogni mattina, nel quale a rotazione i vari i rappresentanti di ogni reparto, riesaminano i risultati  e condividono le azioni necessarie da intraprendere e  si assumono le responsabilità per risolvere e prevenire problemi.

I dati Getrag dicono che il sistema funziona: il focus continuo del meeting, alimentato da osservazioni giornaliere eseguite da tutti in azienda, dai manager agli operatori, ha consentito di ridurre drasticamente il numero di infortuni, di eliminare tantissime condizioni pericolose, di educare a comportamenti virtuosi, e di comprendere che lavorare per migliorare la sicurezza consente di migliorare allo stesso tempo qualità e produttività.

sicurezza strada

Incidenti in itinere: incubo A4

Negli ultimi due mesi le Autovie ha contato 114 incidenti sulla sua rete, di cui 90 in A4, lì dove sono aperti i cantieri per l’aggiunta di una corsia. La media è di un paio di incidenti al giorno. L’unica buona notizia è che in questi quasi due mesi non ci sono state vittime.

Ma l’incubo è quotidiano. I camion si toccano, si fermano, bloccano la carreggiata, si creano code chilometriche e Autovie è costretta a chiudere alcune tratte, deviando il traffico sulla viabilità alternativa. Negli ultimi giorni non c’è stata pace.

Dove avvengono i sinistri. La maggior parte non in zona cantieri (solo 9 su 90 nei tratti interessati dai lavori per la terza corsia, tra Latisana e San Giorgio di Nogaro in direzione sia Venezia che Trieste), ma con i cantieri che inevitabilmente rallentano le operazioni di soccorso.

Le responsabilità? Statisticamente la stragrande maggioranza degli incidenti è provocato dai camionisti. Categoria che Castagna peraltro non colpevolizza, tanto meno quelli italiani: «Nessun intento di criminalizzare la categoria degli autotrasportatori. Anzi, siamo ben consapevoli dei problemi che si trovano ad affrontare con la concorrenza agguerrita e sleale dei vettori stranieri: la maggior parte degli incidenti vedono coinvolti mezzi pesanti che arrivano dall’estero. Si tratta quasi sempre di tamponamenti, incidenti causati dalla distrazione e dal non rispetto delle distanze di sicurezza» Tra le spiegazioni, oltre al mancato rispetto del codice della strada (Autovie evidenzia l’uso improprio di smartphone e tablet), in un’autostrada certamente sottodimensionata c’è anche quella più logica, l’incremento del traffico: i mezzi pesanti sono aumentati di 500mila unità nel 2016 rispetto il 2015 e di quasi 300mila nei primi cinque mesi di quest’anno.

«Le prime cose da fare sono intensificare ancora di più i controlli della Polstrada, aumentare il numero di autovelox sulla rete, potenziare la segnaletica stradale – spiega Castagna –. E poi rafforzeremo la comunicazione agli ingressi delle autostrade» In agenda c’è anche l’idea safety car. Un’auto pronta a guidare il traffico al formarsi delle code: «In caso di bisogno ci sarà pure quella». Di certo, assicura il presidente di Autovie, non si pongono problemi di risorse: «Una simile emergenza richiede di mettere in campo quanto necessario, e noi lo faremo. Non ci preoccupiamo dei costi, quanto di trovare le soluzioni più efficaci. »

Assicurazioni, i risarcimenti sono possibili. Chi risarcisce l’automobilista che rimane intrappolato nell’inferno della A4, pur senza che la sua vettura risulti danneggiata dall’incidente? Le assicurazioni. La procedura è piuttosto complessa, ma è opportuno innanzitutto procurarsi le prove della penalizzazione subita. «Il risarcimento è dovuto – spiega il presidente di Autovie Venete Maurizio Castagna –, ma è necessario motivare la richiesta alle compagnie assicurative con una opportuna documentazione che attesti il danno arrecato dall’incidente e dalla conseguente perdita di tempo per arrivare a destinazione in tempo utile». Con le assicurazioni tratta ripetutamente anche la concessionaria. «Ci muoviamo per ogni incidente provocato dai conducenti – fa sapere Castagna –. Le cose sono quasi sempre molto chiare e difficilmente su questo versante abbiamo dei contenziosi».

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In bici al lavoro? Si può fare!

Morti e feriti sono all’ordine del giorno tra chi pedala sulle nostre strade: nel 2015 l’Istat ha stimato che almeno 45 al giorno siano coinvolti in incidenti e i morti in sella a una bici sono stati 252, uno ogni 35 ore.

Siamo un paese “nemico” della bicicletta e chi pedala per lavoro (come i professionisti) o per andare al lavoro (come i ciclisti urbani) continua a farlo a rischio e pericolo quotidiano schivando buche o incroci mal segnalati, pedalando nel traffico dei motori o su piste ciclabili al limite della praticabilità.

Riconoscimento Inail dell’uso come mezzo necessitato per andare al lavoro

Con l’entrata in vigore  della legge n. 221/2015, ha introdotto il principio secondo cui l’uso del velocipede, alla luce dei positivi riflessi sull’ambiente, deve intendersi sempre «necessitato» e quindi equiparato al percorso effettuato a piedi o con i mezzi pubblici.

Restano vigenti le regole generali legate all’infortunio in itinere di cui all’articolo 12 del D.Lgs n. 38/2000, in base al quale l’assicurazione infortunistica opera solo nel caso in cui l’incidente del lavoratore avvenga durante il normale percorso d’andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.

 

L’urgenza di una legge “salvaciclisti”

La sicurezza dei ciclisti è un tema che fino a oggi la politica non è riuscita ad affrontare compiutamente, spesso con annunci cui non sono seguiti fatti concreti.

il sottosegretario ai Trasporti Riccardo Nencini, ha ribadito la necessità e l’urgenza di una legge per tutelare i ciclisti: “Dobbiamo ancora stabilire qual è l’attaccapanni normativo, se il Codice della Strada che riprende il suo percorso a giorno al Senato oppure un decreto del Mit. Rimane l’urgenza dell’oggetto perché l’utenza debole di cui fanno parte i ciclisti, motociclisti e pedoni ha un numero di morti decisamente troppo alto. Il 50 per cento della mortalità stradale è fatta da utenza debole”.

Il disegno di legge n. 2658 “SALVAICICLISTI” con “modifiche all’articolo 148 del Codice della Strada in materia di tutela della sicurezza dei ciclisti” per introdurre l’obbligo di sorpasso ad almeno 1,5 metri di distanza laterale dal ciclista aggiungendo al testo l’articolo 3-bis: “È vietato il sorpasso di un velocipede a una distanza laterale minima inferiore a un metro e mezzo”.

 

LA SICUREZZA IN BICICLETTA può essere riassunta con tre semplici regole: siate visibili, siate prevedibili e soprattutto rispettate il codice della strada.

A meno che non ci siano piste ciclabili o percorsi dedicati, il modo più sicuro di andare in bicicletta nel traffico veicolare è quello di viaggiare insieme con le auto. Non salite e scendete di continuo dai marciapiedi non andate contro mano. Questo può non sembrare così intuitivo, ma ha a che fare con l’essere prevedibile. Viaggiare a velocità costante, senza zigzagare tra le auto e senza fare improvvise deviazioni offre la migliore protezione per una bicicletta. Ponete un’attenzione particolare alle auto in sosta, gli automobilisti distratti tendono ad aprire gli sportelli senza guardare.

Rimanere visibile è certamente il fattore più importante, accertatevi quindi di avere le luci anteriori e posteriori funzionanti. Se non ne avete potrete acquistarne di tipo a batteria in qualsiasi negozio di biciclette o anche al supermercato o sulle bancarelle per pochi euro.

Altro consiglio è quello di indossare anche di giorno il gilet ad alta visibilità di quelli previsti dal Codice della Strada per le auto.

Amianto

L’amianto sui luoghi di lavoro

L’amianto è una sostanza chimica fibrosa utilizzata fino agli inizi degli anni novanta per realizzare diverse strutture. Le caratteristiche fisiche rendevano questa sostanza duttile e molto utilizzata per le sue proprietà di isolamento termico, acustico ed antincendio; la presenza dell’amianto era molto diffusa nelle coperture edili, negli isolanti termici o nei presidi antincendio.

Le caratteristiche di pericolosità dell’amianto non erano note fino a poco tempo fa e sono legate proprio alla struttura della sostanza in fibre, che deteriorandosi si disperdono nell’aria e possono provocare, se inalate, alterazioni a livello dell’apparato respiratorio e polmonare anche gravi ed a distanza di molto tempo dall’esposizione..

Una volta riconosciute le sue caratteristiche di pericolosità si è provveduto, con la legge 257 del 27 Marzo 1992, a vietarne l’utilizzo, l’importazione e la commercializzazione.
Di fatto tuttavia la sola presenza di amianto in se non rappresenta una fonte di pericolo, poiché la nocività è legata allo sfaldamento dei materiali dovuto a deterioramento per assenza di manutenzione o danneggiamento; contrariamente a quanto generalmente si creda, la legge del 1992 ha imposto il divieto di fabbricare nuovi prodotti in amianto, ma non sussiste nessun obbligo di rimozione dei prodotti preesistenti, sebbene la presenza dei materiali contenenti amianto debba essere censita e segnalata alle autorità competenti (ASL), in modo che se ne possa verificare l’integrità e di conseguenza la salubrità degli ambienti circostanti.

La valutazione del rischio amianto nei luoghi di lavoro, è definita nell’art 249 del D.Lgs 81/08 in cui viene esplicitamente ricordato l’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi .
A tal fine il datore di lavoro ha l’obbligo, nell’impossibilità di procedere all’eliminazione del materiale pericoloso, di informare i lavoratori rispetto alla presenza del pericolo, di far effettuare una certificazione dello stato di integrità dell’amianto e di procedere comunque a monitoraggi ambientali e biologici per valutare la presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.

Una volta definito il grado di integrità e la relazione tra gli indici misurati ed i corrispondenti valori limite soglia, il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico Competente, elabora un opportuno piano di campionamento e di sorveglianza sanitaria, per monitorare nel tempo i livelli di amianto presenti. I risultati periodici dei campionamenti devono essere quindi riportati nel Documento di Valutazione dei Rischi, e se si registra un incremento significativo e costante dei livelli nel tempo, segnalati alla ASL di competenza, anche se si resta al di sotto dei valori limite soglia.

È importante ricordare che lo smaltimento dell’amianto deve e può essere eseguito soltanto da personale qualificato e da imprese autorizzate che abbiano requisiti e strumenti per la rimozione in sicurezza; la rimozione sconsiderata dell’asbesto, seguita all’entrata in vigore del D.Lgs 257/92, svolta da personale inesperto, non adeguatamente protetto e non al corrente del rischio da esposizione, ha in molti casi in passato generato problemi ben più significativi di quelli che sarebbero forse derivati evitando di movimentarlo.

Video dei Papu sul rischio amianto

 

 

 

Fabris Securitas_ Eludere norme sicurezza sul lavoro

Eludere la sicurezza sul lavoro è giusta causa di licenziamento

Per la Cassazione (sentenza n. 7338/2017) è legittimo il licenziamento disciplinare inflitto ad un responsabile di produzione per aver istigato i propri sottoposti alla violazione delle norme di sicurezza sul lavoro.

Il suddetto responsabile di produzione, di sua iniziativa, aveva addirittura indicato ai lavoratori le modalità con cui dovevano eludere le corrette operazioni di lavorazione da tenere per rispettare la normativa sulla sicurezza sul lavoro.

In questo modo, nel probabile intento di velocizzare le lavorazioni e aumentare la produttività, lo stesso esponeva sistematicamente i lavoratori a lui sottoposti a notevoli rischi di infortunio.

 Per la Cassazione la violazione delle procedure di sicurezza, che è stata provata dall’azienda datore di lavoro, è da considerare di eccezionale gravità, quindi la condotta del responsabile della produzione si può ritenere a tutti gli effetti, sia oggettivo e soggettivo, lesiva della fiducia del datore di lavoro. Il licenziamento è quindi legittimo anche in assenza di precedenti disciplinari.

L’obiezione del lavoratore che, le suddette azioni sono state poste in essere al solo fine di aumentare la produttività dei lavoratori e la produzione aziendale, in nome di un malinteso e paradossale “interesse” del datore di lavoro, dunque non sono servite a delegittimare il licenziamento.

Nel caso specifico il dipendente licenziato, in qualità di responsabile della produzione aveva sotto di se sei operai per turno, addetti alle saldature. Durante il processo è stato accertato che per oltre un mese e mezzo i lavoratori erano stati invitati a eludere le procedure di sicurezza del reparto saldatura e lo stesso responsabile aveva indicato loro la procedura per eludere tali norme.

In questo modo aveva esposto i lavoratori al concreto rischio di infortuni. Tutto per aumentarne la produttività e conseguire maggiori risultati di produzione riducendo i tempi morti in fase di lavorazione, che servono proprio per aumentare la sicurezza lavoro.

PAPU

AAS 5 DI PORDENONE 10 VIDEO INVESTI IN SICUREZZA E GUADAGNI IN SALUTE

I Papu, il duo comico pordenonese, sono protagonisti della campagna promossa dalla Aas 5 di Pordenone sul rispetto delle norme di sicurezza del lavoro e le buone pratiche per evitare le malattie professionali.

Hanno realizzato 10 video grazie a un contributo regionale e ai fondi derivanti dalle sanzioni comminate dall’Organo di Vigilanza della Aas 5 a seguito delle violazioni della normativa in materia.

Ottimo modo per capire, approfondire in modo anche simpatico, alcune tematiche relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

http://www.ass6.sanita.fvg.it/it/chi_siamo/_docs/organigramma/struttura-dettaglio.html?path=/dir_sanitaria/dip_prevenzione/SC_ambienti_lavoro/struttura.html&content=0&extracontent=video.html